mercoledì 28 novembre 2007

1408

Ebbene si! Un altro nato nella saga dei Stephen King movies è venuto al mondo e come di frequente capita ha lasciato il segno; cambiano gli attori, i registi, i racconti, le generazioni ma le pellicole risultano essere sempre convincenti e mai banali, come questo ''1408'' ultimo nato della saga diretto dallo svedese Mikael Håfström piu' 10 anni di proiezioni legate al paese natio e sbucato nel mercato hollywoodiano solo nel 2005 con Derailed thriller con Clive Owen e Jennifer Aniston, non un successone. Il regista in questo film dirige con molta abilità il protagonista John Cusack (per lunghi tratti di film unico personaggio sulla scena) e il mostro sacro Samuel L.Jackson qui ridotto a ''comparsa'', lo lascio tra virgolette data comunque l'importanza implicita che questo ruolo ha sulla trama.
1408 torna sui fasti di Shining (comunque inarrivabile) soprattutto riporta il tema dei luoghi infestati, gli alberghi soprattutto, e la riscoperta delle prorie paure o meglio quelle che crediamo di non avere. John Cusack nel film interpreta Mike Enslin, una specie di acchiappafantasmi alla perenne ricerca di case infestate da mostri o fantasmi senza testa di cui poter parlare nei propri racconti. La sua vita è una perenne ricerca del brivido oltre ad essere l'immagine dello scetticismo, quando è chiaro che la paura è una componente fondamentale dell'uomo. Il suo pero' non è un vero scetticismo quanto un ''non aver nulla da perdere'' dato che la cosa più importante, la figlia gli è stata strappata dalla malattia sconvolgendogli l'esistenza. Sulla sua strada costellata di luoghi maledetti o presunti tali Mike s'imbatte nella camera 1408 del Dolphin Hotel e nel suo direttore Olin (Samuel L.Jackson) il quale fa di tutto per farlo desistere anche solo dall'avvicinarsi al 13 piano...ma invano.
La permanenza di Mike Enslin all'interno della stanza sarà un viaggio contro le barriere del tempo e dello spazio oltre che nel proprio inconscio, viaggio che lo condurrà quasi alla pazzia e alla riscoperta del suo dolore e delle sue paure ormai assopite.
La fine del primo tempo fa perfettamente da linea spartiacque della pellicola dove il primo tempo è più squisitamente all'insegna del brivido fine a se stesso e non manca di far saltare dalla poltrona, il secondo tempo anch'esso raggelante subisce una piccola rallentata a causa dei brividi introspettivi sulla vita passata di Mike che la stanza (talvolta vera protagonista)crea nella sua mente. Va segnalata anche una citazione di Shining (la camera innevata ne è un chiaro omaggio) e la riscoperta di quel tipo di horror che malauguratamente stava scomparendo, fatto non di viscere ma di brividi puri.A.M.

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